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Schialvino Il bosco (1986) Schialvino Il bosco (1986)

Montefiore dell’Aso: in programma due bellissime mostre sulla xilografia del ‘900

Dal al 6 al 30 settembre 2015 presso il Polo Museale San Francesco, sala Partino di Montefiore dell’Aso, con il patrocino dell’Amministrazione Comunale e della Fondazione Cassa di Risparmio di Fermo, saranno ospitate in concomitanza due mostre che in qualche modo tracciano la storia della xilografia del Novecento e la sua attualità.

Il primo percorso espositivo, Xilografia italiana, 1903-1950, presenta opere che tracciano, a partire da un doveroso omaggio ad Adolfo De Carolis, nato proprio a Montefiore e principale fautore della rinascenza xilografica negli ultimi anni dell’Ottocento, la storia di questa disciplina – la xilografia – che ha raggiunto nella prima metà del Novecento un livello elevatissimo, e forse non più eguagliabile, di qualità formale e diffusione.

In mostra sono presenti oltre a maestri indiscussi come Arturo Martini e Felice Casorati, tutti i più importanti xilografi del Novecento.

Partendo dai grafismi liberty e neoclassici di Francesco Nonni, (mirabili le sue incisioni a colori) di Antonello Moroni e Gino Barbieri, si giunge agli espressionismi mitteleuropei di Lorenzo Viani, Benvenuto Disertori ed Emilio Mantelli – veri innovatori del segno xilografico – passando attraverso gli artisti della scuola sarda e ai lavori dei romani Duilio Cambellotti, Publio Morbiducci, di Italo Zetti e Diego Pettinelli, di Tranquillo Marangoni e infine dell’unica donna presente, la decarolisiana Ortensia Rossi Morici.

La mostra curata da Stefano Papetti, sarà accompagnata dal un catalogo (Roma, Edizioni della Cometa) anch’esso a sua cura, che raccoglie, oltre alle illustrazioni e le schede di tutte le incisioni esposte, un saggio di Francesco Parisi, Xilografia e odio di sé che analizza con disincanto il ruolo e il destino di artisti spesso morti giovanissimi.
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Proprio a Francesco Parisi è dedicato il secondo percorso espositivo, Francesco Parisi xilografie, 2001-2015.

In un possibile dialogo tra attualità e tradizione, l’artista, storico dell’arte e docente di tecniche incisorie presso l’Accademia di Macerata nonché autore di numerosi studi monografici, egli si inserisce come ideale legame tra passato e presente.

Fuggendo facili astrattismi e legandosi ai modelli che Xilografia italiana, 1903-1950 ci presenta, Parisi,che a torto si definisce passatista, pratica l’unica “avanguardia possibile” (Papetti), attraverso una maestria tecnica e un impegno difficile da trovare altrove, così come è subito evidente scorrendo anche solo superficialmente le opere esibite.

I cicli esposti, per la gran parte essi sono ispirati dalle leggende ebraiche, ci mostrano un complesso intrico di simboli e segni che costringono a cercare risposte a quesiti appena suggeriti. Così nel ciclo di Shir Hashirim, in La cena segreta, oppure nelle incisioni proposte ad illustrare Proserpine di Charles Algernon Swinburne, è facile intuire i modelli a cui lo xilografo si rifà, riconducibili appunto agli esempi proposti nella mostra gemella o al simbolismo colto e raffinato di Ephraim E. Lilien e Frantisek Kupka.

Ancora una volta curato da Stefano Papetti, il catalogo (Roma, Edizioni della Cometa) che vanta una nota introduttiva del noto architetto Daniel Libeskind, analizza tra l’altro con uno scritto di Cesare Terracina il rapporto tra la religione, la cultura ebraica e il lavoro di Francesco Parisi.