Le chiese

San Francesco San Francesco

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San Francesco

I primi “luoghi” francescani nella Provincia d’Ascoli furono numerosi e diversamente dislocati nel territorio.
Chiesa di San Francesco E’ ormai cosa certa il viaggio dello stesso S. Francesco ad Ascoli intorno all’anno 1215 e sicuramente la sua opera ed esempio determinò la nascita di diverse famiglie francescane. I primissimi Conventi sono quelli di Campoparignano, Offida, Castignano, Poggio Canoso, Venarotta, Montalto, Amandola e Fermo. Per certo sappiamo che intorno alla metà del 1200 anche a Montefiore esisteva una famiglia francescana ; la Bolla di Innocenzo IV del 17 giugno 1247 ricorda che la Chiesa fu edificata con le elemosine raccolte dagli stessi frati. Il De Minicis, storico fermano, riferisce che su una pietra esistente sul lato verso il Chiostro si leggeva:
“URBANUS PAPA IV BENEDIXIT ANNO DOMINI MCCLXIV” (1264).
La data può essere ritenuta giusta ed anche il fatto della benedizione effettuata da questo Papa. Infatti egli fu eletto nel 1261 nel Conclave di Viterbo ed andò peregrinando in diverse città del Lazio e dell’Umbria e, nei tre anni circa di pontificato, non riuscì mai a mettere piede in Roma, tanto da morire nel Convento francescano di Deruta in Umbria il 2 ottobre 1264. Nel suo peregrinare non è escluso che abbia benedetto quella famosa pietra, ora non più rintracciabile, della chiesa montefiorana. Sappiamo che le coeve chiese di Ascoli e Fermo, dedicate al Santo di Assisi, sono attribuite all’architetto ascolano Antonio Vipera e quella montefiorana era originariamente assimilabile a quelle due più importanti. Non è quindi escluso che lo stesso architetto abbia posto mano anche al nostro tempio francescano. La costruzione della Chiesa andava sicuramente molto a rilento e questo ce lo attesta anche la data riportata sul magnifico portale gotico che in parte possiamo ammirare nella attuale sagrestia:
ANNIS MILLE FUIT TRECENTIS HOC TRIBUS ACTUM / NE VIDEAS PLUS MENTE COLAS QUI LIMINA CERNIS / PULCRIOR IN DOMIBUS LICET ANXIA PORTA SUPERNIS.
(“Questo portale fu compiuto nell’anno 1303. Non limitarti a contemplare, tu che osservi l’ingresso ; piuttosto pensa che più bella, sebbene stretta, è la porta dell’abitazione celeste”).
Di certo la costruzione della prima chiesa durò circa cinquant’anni (1247 posa della prima pietra – 1303 data riportata sul Portale).
Qualche anno fa sono stati effettuati dei sondaggi in seguito a gravi infiltrazioni di umidità, alla base dell’antica facciata, nella attuale sagrestia e si è notato che questa poggia su un muro precedente (forse il basamento di una piccola Chiesa dedicata alla Madonna). Scrostando poi un po’ del vecchio intonaco sono venute alla luce le pietre ben squadrate del portale e, su di esse, sono ben evidenti alcuni graffiti con varie datazioni, talune risalenti al 1400.
Il portale, nonché la struttura dell’esterno, ci indicano chiaramente lo stile romanico-gotico della costruzione. Questo stile è riconoscibile osservando la serie d’archetti che adornano la sommità delle pareti laterali esterne e la primitiva abside, attuale entrata. Queste decorazioni, si notano ora molto al di sotto dell’inizio del tetto il quale fu portato all’altezza attuale solo alla fine del 1600, al momento della ristrutturazione e trasformazione totale della Chiesa, facendola diventare un chiaro e nello stesso tempo singolare esempio di stile barocco.
Quelli che ancora rimangono della primitiva chiesa sono elementi significativi che ci colpiscono per la bellezza e grandiosità. Chi entra in San Francesco dopo aver superato il piccolo vano semicircolare della primitiva abside, quasi nascosto ed incorporato nel muro, nota a sinistra un suggestivo monumento, il suo stile cozza con quello attuale della Chiesa : è il monumento funebre che il Cardinale Gentile Partino volle per onorare la memoria dei suoi genitori.
In questa circostanza (ci auguriamo di poter trattare di personaggi in un prossimo lavoro) non è il caso di dilungarci, per spiegare la figura e l’opera di questo insigne figlio di Montefiore, ci limiteremo a riportare testualmente la descrizione del monumento fatta dal De Minicis :
“….Esso monumento è composto di un gran basamento con gradinata ora coperta dal pavimento del nuovo tempio ; segue un piano ornato nel prospetto con sei intercolumni, negli estremi dei quali è ripetuta l’arme del Cardinale avente cinque monti, ed in quel di mezzo una quercia fronzuta e ghiandifera ; nell’arca stanno giacenti sopra funebre letto due figure di grave età, a destra virile, feminea a sinistra, che per tradizione sappiamo rappresentare il padre e la madre di Gentile ; la prima ha il capo coperto da un berretto fatto secondo l’usanza del trecento, la seconda da un velo che scende ai lati della testa ; sono avviluppate ambedue in lunga veste, che lascia intravedere l’estremità dei piedi dell’uomo, non già della donna ; le mani sono incrociate e coperte da lunghi guanti. Due angioli con grazia atteggiati sostengono lateralmente le cortine, ed uno ha il turibolo, l’altro avea forse la navicella, che or più non si vede, superiormente è espressa a colori questa epigrafe:
F.GLIS CUM DUB EP. ELIA Ep. GOBONENSI ET FRT. THOM EPO VIRGULENSI
Nel piano superiore sta la Vergine sedente col bambino sulle sue ginocchia materne, ed altri due angioli aventi gli stessi arnesi degli inferiori, le sono ai lati ; al di sopra vi si legge:
MCCCX
DNS GEN. D. MONTE FLOR.
CARDINALIS ORDINIS
MINOR T. BONIFAT. VIII
S.MARTINI
IN MONTIBUS

E’ rinchiuso il tutto in una specie di grande nicchia, la quale termina superiormente in forma di tetto acuminato e ornato di foglie. Gli Angeli e la Vergine sono trattati con assai diligenza e specialmente nel panneggiamento…..”
Non abbiamo purtroppo il nome dell’autore od autori di questo monumento, si va per supposizioni o raffronti con altri di scultori senesi del XIII e XIV secolo (Lino, Agostino ed Angelo da Siena). Sempre il De Minicis riconosce nel monumento uno stile che si avvicina più a quello tedesco che a quello gotico. Altri criteri d’arte avanzano diverse ipotesi, che tutte possono essere sostenibili, data la complessità dei tempi in cui il monumento fu costruito, senza dimenticare poi il sicuro influsso della famiglia regnante a Napoli in quel periodo: i D’Angiò. Il nostro Cardinale era particolarmente legato a questa famiglia che proteggeva pittori e scultori molto vicini al Partino. Non è da escludere che il monumento sia stato costruito da un’artista che abbia operato presso la corte angioina. L’antica abside serba per l’attento visitatore uno scrigno d’arte di rara bellezza. Dopo aver salito alcuni gradini all’interno del campanile, s’apre allo sguardo un ciclo eccezionale di affreschi che adornano tutto l’emiciclo absidale superiore.
Questo “ciclo pittorico” è stato nascosto per lunghi anni da uno spesso intonaco stesovi sopra forse al momento del capovolgimento dell’ordine della Chiesa, o in seguito alle non rare pestilenze, in occasione delle quali si cercava di disinfettare tutto, in particolare i luoghi pubblici, stendendo sui muri uno strato di calce.
Era il 1905 allorquando, su segnalazione del concittadino Mons. Vincenzo Vagnoni, il prof. Giuseppe Pauri, mentre stava eseguendo lavori di restauro all’interno della Chiesa, col distaccarsi di un ulteriore tratto di intonaco, notò i colori degli antichi affreschi. Da quel momento in poi venne a tutti il desiderio di vedere quanto di bello ci fosse rimasto. I restauri, iniziati negli anni cinquanta e completati nel 1971, sono stati diretti dal prof. Pietro Zampetti ed effettuati dai prof.ri Vittorini e Turrini che già aveva lavorato in questa zona sulla pittura del Bonfini a Patrignone e nella Chiesa di S. Agostino di Montefortino.
Il ciclo pittorico si presenta molto organico ed ordinato. Nella parte più bassa vediamo rappresentata la vita dolorosa e gloriosa di Gesù: l’incontro con la Madonna sulla via del Calvario; Gesù sulla croce; Gesù deposto nel sepolcro; Gesù che sale al cielo. Nella parte mediana abbiamo: l’infanzia di Gesù con la strage degli Innocenti, Gesù fra i Dottori del Tempio; le nozze di Cana; la visita a S. Elisabetta; l’entrata trionfale di Gesù a Gerusalemme (la domenica delle palme). Ancora in alto abbiamo l’adorazione dei Magi; la natività della Madonna; il sogno di S. Giuseppe, l’incoronazione della Madonna. Al culmine delle vele vediamo, in pessimo stato di conservazione, rappresentati gli Evangelisti ed alcuni dottori della Chiesa.
Chi è l’autore di questo interessante lavoro ? Molti parlano di artisti di scuola giottesca ed in effetti “La strage degli Innocenti” e “La deposizione di Gesù” hanno evidenti contatti con gli stessi soggetti trattati nella Basilica di S. Francesco di Assisi. Altri parlano di una corrente riminese della scuola giottesca. Tuttavia dobbiamo sempre ricondurci al Cardinal Gentile che aveva commissionato a Simone Martini ed ai suoi allievi la decorazione delle due cappelle nella Basilica inferiore di Assisi: una dedicata a S. Martino e l’altra a S. Ludovico. In quest’ultima riposa il suo corpo. Non è azzardato supporre che anche questo ciclo pittorico sia frutto di quella scuola senese di cui Simone Martini fu il massimo esponente.
Per la chiesa di San Francesco fu anche eseguito il Polittico, capolavoro pittorico di Carlo Crivelli, che ora si trova in Santa Lucia, ma rimasto nella primitiva Chiesa fino all’Unità d’Italia. Il discorso su quest’opera dovrà essere fatto più profondamente in altra sede.
Ritornando alla Chiesa nella sua struttura, dobbiamo dire qualche cosa in merito alla radicale trasformazione che, iniziata nella seconda parte del 1600, si concluse nel 1698, data del compimento della pittura posta al centro dell’antico portale con il nome dell’esecutore, il guardiano del Convento P. Ant. Gabriele.
Tuttavia i lavori di ristrutturazione interna proseguirono fino al 1752 e compresero il capovolgimento dell’ordine del tempio che avvenne anche per fare in modo che i fedeli potessero accedervi dal paese e non da fuori le mura.
Il lavoro di trasformazione fu eseguito dall’architetto lombardo Interlenghi, il quale operò diverse trasformazioni di Chiese simili a quella montefiorana. Sotto l’attuale pavimento sono ancora custodite due file di tombe delle più antiche e illustri famiglie montefiorane: Luzi, Primari, Caffarini, Barlocci, Montani, Pacetti, Mozzoni.
Sul lato destro per chi entra, dal 1950, in un sarcofago opera di Luigi Morosini, riposa Adolfo de Carolis, altro illustre figlio di questa terra. Sopra il sarcofago figura un affresco, opera del pittore Diego Pettinelli, caro allievo del De Carolis e più tardi genero per averne spostato la figlia Adriana.
L’affresco è dedicato alla Resurrezione di Gesù con sullo sfondo un paesaggio che ricorda quello di Montefiore. Concludendo possiamo dire, non a torto, che ogni pietra della Chiesa di San Francesco può raccontarci tanta storia e tante vicissitudini di questo paese e della sua gente.
Racchiude in sé la chiave di lettura per la conoscenza di questa terra, non certamente di poco conto, se artisti di fama immortale vi lavorarono lasciandovi opere che ancora ci sbigottiscono.